Voci che (per fortuna) restano

Mia madre era una donna bellissima, con una risata sincera.
Voglio dire una risata piena, non trattenuta agli angoli della bocca, per non esagerare, come forse si prescriveva alle donne della sua generazione.
Mia madre Adriana era nata nel 1915 e nonostante  una vita apparentemente normale secondo i più raccomandabili canoni del tempo, matrimonio, figli, casalinghitudine, era una donna incredibilmente libera: nelle convinzioni, nella fede, nella determinazione ad amare l'uomo che aveva scelto nonostante gli ostacoli.
Mio padre Mario, classe 1906, che aveva aspettato anni, non sempre con pazienza, di sposare quella splendida donna, di altre non ne aveva voluto sapere.
Un uomo onesto fino al midollo, fiero, bello pure lui, con un sorriso che scioglieva i sassi e una risata che, dopo essere ingrassato, gli faceva tremare la pancia. (E io piccolina, in braccio a lui, a tenermi forte per non cadere).
A sentirli ridere insieme, avresti detto che avrebbero potuto far crescere fiori dal cemento. Quando poi insieme cantavano, era come aria fresca sulla faccia. 
Come l'amore fatto suono e vento.
Siamo cresciuti in un nido d'amore, noi figli. Solo in parte consapevoli, almeno all'inizio, di che dono fosse e quanto raro.
Se ne sono andati da tanti anni e noi ne siamo ancora orfani. 
Ancora avremmo bisogno di loro. Del grande mantello che era l'amore che li univa e quello che effondevano su di noi ogni giorno.
Ci hanno lasciato un'eredità incredibile di insegnamenti, ricordi, gioia, canzoni e bellezza (e sì, anche rimproveri, scontri, delusioni e contestazioni come in ogni famiglia vera).

Tra questi c'è un dono che mi arriva talvolta inaspettato e benedetto: la loro voce.
Il ricordo perfetto, per qualche istante raggiungibile in modo molto concreto, della voce della mamma che canta in chiesa, per esempio. Io sono lì, canto con gli altri fedeli un inno che cantava anche lei e per un momento la sento, quella voce. Più vibrante sui bassi ed esile sulle note acute. La sento chiara nella mente, è la sua. 
Mi verrebbe da guardare accanto a me ma non lo faccio, perché l'immagine che ho nel cuore è nitida: lei, con in testa un velo di pizzo nero, papà, che ha già preparato le monetine da darci per l'offerta, Mariarosa e Clemente che li hanno raggiunti  in Cielo troppo presto (se mi concentro sento anche le loro di voci!) e poi Sandro, Achille e Gigi. Una famiglia di otto.

Infine ci sono dei momenti, rari, ma  davvero benedetti in cui mi raggiungono le voci  di mamma e papà  mentre insieme  cantano chini su di me, bambina svegliata da un incubo e corsa nel lettone, una vecchia canzoncina:

Stella stellina,
la notte si avvicina,
la fiamma traballa,
la mucca è nella stalla
la pecora e l'agnello,
la mucca e il vitello
la chioccia e il pulcino
la mamma e il suo bambino...
e tutti fan la nanna...ninà, ninà ninà...

Quanto vorrei essere lì ora, nel posto più sicuro del mondo, anche solo per un momento.

Adriana e Mario sposi 1937

Molti anni dopo


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