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Visualizzazione dei post da 2020

Il mandarino

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Questo mandarino era nel cortile del condominio, dato per spacciato. Era stato messo fuori dai proprietari per godere del sole estivo, poi i lunghi giorni di siccità, gli impegni di tutti, le vacanze... Al mio ritorno dalla montagna, sembrava proprio morto. Un ammasso di foglie secche. Non so dirvi il mio dispiacere. Con l'età la mia empatia si espande e non riuscivo a darmi pace. Forse perché un po' mi somigliava questo benedetto mandarino. L'ho annaffiato, sorvegliato, gli ho parlato. Gli ho detto di ritrovare la strada per la vita, che sapevo che ce l'avrebbe fatta. Ho pregato persino. Poi le piogge battenti. L'acqua si è depositata nel sottovaso e le foglie luccicavano tristi. “È proprio morto” si diceva tra condomini. “Stava già poco bene in origine” hanno aggiunto. Poi è tornato il sole. Qualche giorno dopo sono andata a vederlo. Era pieno di foglioline verdi nuove di zecca!!! Qualcosa aveva indugiato nelle sue radici, una promessa di vita nuova in attesa del

Non tutte le cimici vengon per nuocere

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Una donna di mezza età (e anche qualcosa di più) trascinava in solitudine un altro sabato pomeriggio. Dopo trent'anni, il marito se n'era andato con una maratoneta russa assai più giovane di lui, con gli occhi così azzurri che li potevi guardare solo con gli occhiali da sole.  Almeno così diceva lui. Nei tempi precedenti allo strappo definitivo, lui aveva smesso di fare le cose che faceva prima, tipo leggere libri, guardare film e discuterne, eccetera. Aveva invece cominciato a ruminare semi e frutta secca, a vigilare sulla sua alimentazione come un suricato in allerta e si era comprato scarpette e completini sportivi da corsa. Alla fine se n'era andato. Quel sabato la donna era particolarmente depressa e in preda ad una perniciosa propensione a lasciarsi andare. Alla fine si era costretta a portare il cane a passeggio e l'entusiasmo del quadrupede non l'aveva minimamente contagiata, come a volte riusciva a fare. Al ritorno, sulle scale si era imbattuta una cimice r

Andrea

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Ci sono persone che splendono. Inconsapevolmente. Dolcemente. Ho incontrato Andrea, una  bella ragazza messicana, ad un ritiro spirituale dove si trovava con il suo fidanzato. Non posso nemmeno dire che ci siamo parlate tanto, se non una sera, a tavola dove ci ritrovavamo per i pasti, una volta che siamo capitate vicine. Andrea ha occhi grandi e scuri e un sorriso che ti fa sentire a casa. Tutto in lei ha qualcosa di morbido ed è allo stesso tempo vibrante di amore per la vita. Ti parla e capisci che le importa di te, anche se ti conosce appena. Poi l'ho sentita cantare.  Andrea Trueba è  mezzosoprano e l'ultima sera ha offerto un mini concerto che ha intitolato "Amor hispanico".  Già dalle prime note la sua voce piena ha avvolto la platea come una magia fatta di  dolore, amore, tenerezza. Qualche volta scuotendoci, altre volte accarezzandoci. Le sue mani hanno disegnato nell'aria la sensualità di un abbraccio, le lacrime di un amore perduto, il sonno di un bimbo.

Agenzia Universale Cuori Solitari

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L'Agenzia Universale Cuori Solitari non ha un indirizzo fisso. Non la trovi da solo, lei trova te. Imprevedibilmente scopri, nelle pagine di un libro o in una borsa, un biglietto da visita dalla grafia elegante, oppure qualcuno, passando ti sussurra dove andare. Ieri un bambino sconosciuto mi è corso incontro e mi ha indicato col braccino teso una porta blu cobalto, mai vista prima. "Vai" ha detto, quindi è tornato dai suoi genitori, momentaneamente distratti da una vetrina. Ho obbedito, senza pensarci troppo. La porta era aperta e sono entrata. In fondo ad un corridoio dalle pareti verde salvia, un ufficio, alla scrivania un uomo elegante che mi ha offerto del tè freddo. Mi ha dato un foglio di carta pregiata e una penna stilografica con inchiostro azzurro cielo.  "Scriva ciò cerca e sia precisa. L'Universo non tollera approssimazioni. Si astenga dall'uso del condizionale. Utilizzi il presente indicativo. Esprima la sua volontà con chiarezza e senza paura. 

In fila alla cassa

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Negozio di alimentari sotto casa. Due donne sulla quarantina, presumibilmente amiche o forse solo conoscenti. Non è dato saperlo. Una stropicciata (donna normale che fa la spesa districandosi tra mille altre incombenze). L'altra sapientemente agghindata: pantaloni bianchi, blusa colorata (forse di seta), tacchi. La stropicciata si sdilinquisce per le scarpe dell'amica: decolleté bianche, tacco dodici finissimo, punta che strizza le dita in una morsa. L'agghindata si compiace di affermare che le sue scarpe sono comodissime. Lo ripete due volte per rafforzare il concetto. Certo. Come no. Ripetilo quando ti toccherà: sfuggire ad una muta di cani inferociti; salire i 296 scalini della torre di Pisa; metterti in salvo da malviventi in sneakers. Questo pensa la terza della fila (io) guardandosi le scarpe. 

Almeno oggi

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Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade. No. Non ho voglia di rispondere " bene", distogliendo lo sguardo, a chi mi interroga sulla mia felicità. Il sorriso che indosso di solito oggi mi sta stretto. Sto. Senza neppure le quattro capriole di fumo del focolare e fortuna che non è Natale. Sto. Come posso. Come so. Le gambe a pezzi per le montagne che ho scalato. Le mani scorticate dai rovi che ho attraversato. Il fiato corto per la fatica di ogni santo giorno, quella che sembra non finire mai. Oggi voglio stare spenta. E se davvero c'è  una luce buona che mi spetta (aspetta?) Solo oggi, almeno oggi, che sia lei a venirmi a cercare. P.S. con infinite scuse a Ungaretti e Vasco

Resilienza vegetale

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Dove lavoro ci sono due spazi esterni. C’è il cortile di accesso vero e proprio, pavimentato con tristi autobloccanti, che ospita un praticello piccino picciò abitato da alcune piante rassegnate al lancio di mozziconi. Lì, proprio davanti all'officina, staziona, quale elemento decorativo, un tornio arrugginito, per accogliere il quale è stato inspiegabilmente   sradicato un cespuglio di rose. Esiste un secondo spazio, un poco più arioso, con un prato grande, diviso in due da quello che, esagerando, definirò viale . A sinistra si trova un baretto, un disordinato cespuglio di lavanda in compagnia di alcune piante aromatiche, e un pratone dove i ragazzi giocano a pallavolo. A destra della stradina/ viale una gigantesca e spettacolare magnolia che prospera nonostante i rifiuti lasciati ogni giorno e pazientemente raccolti di tanto in tanto. Abbiamo infine due garage che ospitano materiale vario, mentre altre attrezzature si riempiono di polvere sotto ad una tettoia insieme a vasi di f

Alphabetica. Una storia d'amore.

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Copertina di Achille Boccia Un luogo che non assomiglia a nessun altro. Un tempo che potrebbe (potrebbe, badate bene!) assomigliare ai primi del Novecento. In questo piccolo mondo sospeso e remoto, in bilico sulle lettere dell’alfabeto, una donna aspetta un soldato. Molto lontano da lì, quel soldato cerca di tornare a casa. Sul loro cammino un asino tenace, un bambino perduto e il suo cane, un medico in cerca della sua strada e altri personaggi umani e non, buoni e assai meno buoni. A dimostrare che l’amore non solo è possibile. L’amore salva. A sedici anni mi innamorai di una poesia. Di tante altre cose e persone in realtà, però la poesia cui mi riferisco mi risuonò in testa e nel cuore per anni. Finì, due anni fa, con l'ispirarmi una storia che prende le mosse proprio da un'attesa, che poi è il tema della poesia di Kostantin Simonov, poeta russo. Il tutto è abbastanza strano, considerato che se c'è una cosa che detesto è aspettare, eppure mi è toccato farlo innumere

Metro'

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È scandaloso. Dieci minuti che sei qui e ancora non si è visto un taxi libero. Per colmo di sfortuna sei carica di pacchi ed è tardi. Spaventosamente tardi. A malincuore decidi per il metro', sperando che non sia maledettamente affollato. Eccoti dunque su un sedile scomodo, stretta a destra da una signora grassa e a sinistra da una ragazzetta scipita dai capelli spettinati. Davanti a te un muro umano appeso alle maniglie. Ti barrichi dietro borsa e sacchetti: Che crepino di invidia leggendo i nomi dei più eleganti negozi del centro. Che capiscano bene che non hai niente a che vedere con questa folla che fa la spesa, va al lavoro o ci torna (chi lo sa), circola in vestiti da quattro soldi. Controlli l’ora sul tuo Cartier e con la mano discretamente ingioiellata sistemi la gonna del tailleur sportivo firmato Chanel (non c’è che Chanel per i tailleurs). Tuo marito è ancora in viaggio e tu hai in programma una cena con Giulia in quel nuovo ristorante sui Navigli. La tua grassa vicina s

Le gioie della pensione

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Una pensionata di Lambrate, di nome Rina, passava tutto il suo tempo libero sul balcone ad osservare la gente che passava. Le piaceva in particolare concentrarsi sul loro modo di camminare arrivando a sostenere di comprenderne il carattere, il tipo di vita e le prospettive, semplicemente in base alla camminata. Quando le amiche venivano a trovarla sfoggiava il suo insolito talento, illustrando le sue brillanti deduzioni con dovizia di particolari. "Quella donna laggiù" diceva per esempio "guardate che passi piccoli e affrettati, intralciati per altro dalla gonna stretta. Sembra cammini in punta di piedi, non trovate? Inoltre continua a guardarsi in giro con sospetto...sicuramente nasconde qualcosa. E quell'uomo laggiù? quello con la giacca marrone e una valigetta? trascina i piedi più che camminare. Un carattere debole e influenzabile. Non serve essere uno psicologo per saperlo." Col passare del tempo, il suo balcone era diventato luogo di ritrovo del vicinato,

Storia di un topo

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Il topo Mortimer  viveva nelle fogne di Monaco. Era depresso e non riusciva più a trovare alcun gusto nella vita. Passava il suo tempo mangiucchiando e dormendo, con rare interruzioni per fissare sconsolato il maleodorante fiume sotterraneo, chiedendosi che senso avesse continuare a vivere. Aveva finalmente deliberato di suicidarsi, ma non voleva farlo da solo. Purtroppo  non aveva trovato nessuno che volesse unirsi a quello che considerava un gesto bello e audace con cui sigillare la sua altrimenti inconsistente esistenza. Un giorno venne in qualche modo a sapere che, in Nord Europa, abitava una specie di roditori, tali lemming, dotati di una solida propensione al suicidio di massa. Aveva finalmente trovato i degni compagni per la sua impresa. Con insolita baldanza, mise insieme un piccolo bagaglio, indossò la sua giacchetta rossa, diventata un po' stretta per via del peso accumulato in mesi di inattività, e partì senza salutare nessuno. Fu un viaggio lungo e avventuroso, su treni

Fuoco di bivacco

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Parecchi anni fa avevo immaginato di scrivere dei racconti di genere fantasy generati da una situazione iniziale comune. Nella notte, in un bosco, accanto ad un fuoco sta una figura ammantata. Ai viaggiatori che capitano lì è concesso sedere e ristorarsi solo se in cambio raccontano la loro storia.  Ho scritto due racconti e poi non ho continuato. Non so perché. Ne ripropongo uno qui. Chissà che non mi torni l'ispirazione. foto di scym da Pixabay Nimeth Il mio nome è Nimeth, del Popolo Viaggiante. Se conosci i colori della mia gente sai che sono una Ker-alha, vale a dire “colei-che-ascolta”. Un’apprendista cui non è ancora consentito tessere storie. La volpe sospettosa che vedi è Bainak, il mio Compagno di Viaggio. È molto protettivo nei miei confronti, perdonalo. Un legame speciale unisce ognuno di noi Viaggianti al suo Compagno. Un legame per la vita, come forse sai. Ora lascerò che provveda a nutrirsi. Vai fratello, non c’è pericolo per noi qui. Che la caccia ti sia propizia.

Il segreto

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Amalia sedette con un sospiro sulla panca in pietra sistemata in giardino solo un anno prima. L'avevano desiderata, lei e il marito, come perfetto complemento del loro piccolo regno verde, ma era costosa perciò avevano risparmiato con determinazione. Ora faceva bella mostra di sé accanto al piccolo pozzo perfettamente funzionante su cui si arrampicava un gelsomino.  Purtroppo però Pietro non c'era più per godersela insieme a lei. Sei mesi prima, in pensione da appena tre anni, un infarto se l'era portato via. Amalia non riusciva a darsi pace. Ciò che nessuno dei due aveva previsto era crudelmente accaduto e la donna  non riusciva a farsene una ragione. Piangeva. Dalla sera alla mattina. Riusciva a malapena a tenere gli occhi asciutti quando faceva la spesa sperando di non incontrare nessuno che la costringesse ad una pur breve conversazione. Era stato terribilmente ingiusto. Un'alimentazione sana, la mancanza di abitudini nocive, l'aria pura, gli integratori non era

Ufficio oggetti smarriti

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La mia bellezza ha cambiato indirizzo E non mi ha detto dove andava. Non mi sono preoccupata In fondo, dopo una breve vacanza, tornava sempre. Ora però è passato troppo tempo. L’ho cercata nei soliti posti: lo specchio lo sguardo degli uomini che incontro, niente. Se n’è andata con giusto un filo di trucco E i geni di famiglia ben combinati. Io ho provato a inventarmene un’altra Che si adattasse a questa faccia A queste ossa, ma non funziona. L’effetto svanisce nel tempo di una passeggiata. Allora vi chiedo, se la incontrate, ditele di tornare indietro, che prometto di trattarla meglio. Ditele che farò ginnastica, userò creme prodigiose ed esotici rimedi. Ditele che mi manca. Che rivoglio la sua sfrontata sicurezza E gli occhi fieri. Forse non era irresistibile come la ricordo, ma era mia. Mi ci trovavo bene. Trovatela, per favore, prima che copra gli specchi.

Emma salvata da un gatto

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Emma ha paura di sbagliare. Cosa? Qualsiasi cosa. Ha paura del disordine, dell’imprevisto che porta fuori strada, del difetto che rovina l’insieme. E alla radice di questo c’è la paura del giudizio degli altri, del voto insufficiente della sua comunità, del segno rosso sulla sua vita.  Perciò Emma ha pianificato la sua vita nei dettagli, lasciando fuori tutto ciò in cui sa di non poter raggiungere la perfezione. La sua casa è un modello di ordine, quindi niente animali che possano graffiare i mobili, sporcare per terra, ciancicare il divano. Nel giardino c’è un prato all’inglese con due file di fiori perfettamente allineati e un albero sotto il quale pulisce quotidianamente. Nel poco tempo libero lasciatole dal lavoro e dai quasi incessanti lavori domestici, Emma dipinge.  Finalmente qualcosa di estroso, direte voi! Sbagliato. Emma dipinge da sempre lo stesso paesaggio con trascurabili variazioni: montagne in lontananza, fila ordinata di colline, laghetto. In quello ritiene, co

Turista non per caso

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La faccenda degli orari dei pasti non gli era del tutto chiara. Nel file che aveva studiato prima di partire si accennava a tre pasti al giorno suddivisi in colazione, pranzo e cena . Si precisava che tali pasti erano solitamente consumati in abitazioni private o in luoghi pubblici variamente denominati. La realtà sembrava contraddire tali informazioni. Lancet aveva visto umani mangiare praticamente ovunque e a qualsiasi ora. I terrestri parevano letteralmente ossessionati dal cibo.  L’umano che aveva fermato per chiedere indicazioni sul ristorante gli aveva risposto masticando qualcosa che si era riversato in briciole sul suo petto mentre parlava.  Lancet aveva dato fondo a tutto il suo autocontrollo per reprimere il suo disgusto e non colpirlo con una scarica fotonica. Si sentiva piuttosto orgoglioso di come aveva invece ringraziato gentilmente per l’informazione. Anche questo sarebbe stato un gustoso aneddoto da raccontare al club Avventurosi nell’Universo , ma naturalmente l’event