Il segreto

Amalia sedette con un sospiro sulla panca in pietra sistemata in giardino solo un anno prima. L'avevano desiderata, lei e il marito, come perfetto complemento del loro piccolo regno verde, ma era costosa perciò avevano risparmiato con determinazione. Ora faceva bella mostra di sé accanto al piccolo pozzo perfettamente funzionante su cui si arrampicava un gelsomino. 
Purtroppo però Pietro non c'era più per godersela insieme a lei.
Sei mesi prima, in pensione da appena tre anni, un infarto se l'era portato via. Amalia non riusciva a darsi pace. Ciò che nessuno dei due aveva previsto era crudelmente accaduto e la donna  non riusciva a farsene una ragione. Piangeva. Dalla sera alla mattina. Riusciva a malapena a tenere gli occhi asciutti quando faceva la spesa sperando di non incontrare nessuno che la costringesse ad una pur breve conversazione.
Era stato terribilmente ingiusto. Un'alimentazione sana, la mancanza di abitudini nocive, l'aria pura, gli integratori non erano bastati.
Amalia era sempre stata una donna senza grilli per la testa. Dotata di gran senso pratico e di una soluzione per ogni problema. Una donna mite e determinata allo stesso tempo.
Aveva sposato Pietro sulla spinta di un amore pacato e ragionevole. Li aveva uniti  la ricerca di una vita tranquilla e una diffidenza condivisa per i voli di fantasia.
Si erano da subito stabiliti in una villetta nella campagna ben curata che circondava la piccola cittadina dove entrambi lavoravano. Le loro giornate erano scandite da impegni sempre uguali suddivisi tra lavoro e incombenze domestiche. Persino i weekend, impegnati nella gestione di orto e giardino e piacevoli letture, raramente prevedevano delle variazioni. Avevano avuto un'unica figlia, la cui educazione era stata priva di ansie, che ora viveva con il marito in un'altra regione.
Dopo la pensione la loro vita aveva assunto un andamento ancora più tranquillo e il loro orizzonte appariva sgombro di nubi. Si amavano di un amore tranquillo, senza scosse fatto di cose semplici e abitudini consolidate e piacevoli.
Erano stati felici come chi si è prefisso di evitare come la peste complicazioni, imprevisti e inutili batticuore e ci è riuscito. Almeno fino a quel momento.

Decisamente ingiusto. Pensava Amalia mentre le lacrime le scorrevano libere lungo le guance. E pensare che non era mai stata facile al pianto! 
Il crepuscolo stava scivolando in una nuova notte solitaria e l'umidità cominciava a farsi sentire nelle ossa. Doveva rientrare, eppure non riusciva ad indursi a venir via dal giardino che le aveva sempre dato tanta pace.
"Basta piangere, per favore!"
Una vocina sottile, ma decisa si fece strada nella nebbia della sua mente e la indusse a sollevare lo sguardo fino a quel momento fisso sul fazzoletto che teneva tra le mani.
Ci volle un po' prima che riuscisse a mettere a fuoco la figurina che aveva davanti.
Se non fosse stato per un leggero alone di luce attorno al corpicino, non avrebbe potuto distinguerlo dal cespuglio di rosmarino che aveva alle spalle.
Era un esserino alto sì e no trenta centimetri, esile come un fuscello con  capelli folti e arruffati color castagna da cui spuntavano piccole orecchie puntute.
Amalia lo fissò come paralizzata. Si passò una mano sugli occhi.
Sono davvero troppo stanca...ho le allucinazioni.
Tornò a guardare nel punto da cui era giunta la voce, ma la creatura era ancora lì e ricambiava lo sguardo con un'espressione dispiaciuta sul visino magro.
"Stai piangendo troppo, Amalia...ci stai facendo ammalare" La donna ritrovò in qualche modo un respiro profondo.
"Chi sei?" chiese con un filo di voce.
L'esserino si guardò un attimo alle spalle come a cercare l'autorizzazione a continuare, poi spiegò: "Sono lo Spirito del Rosmarino e mi hanno scelto per parlarti."
Tra l'istinto di fuggire in casa, barricarsi dentro e raddoppiare la dose di sonnifero, e un altro istinto, quanto mai insolito, di restare e scoprire che tipo di sogno era quello che stava facendo, Amalia decise, del tutto inspiegabilmente, di dar retta al secondo. 
Quel cespuglio di rosmarino era l'orgoglio di Amalia. Di tutte le piante del giardino era quella a cui si era dedicata con più passione. Una vera ragione non c'era. Forse per quei fiori timidi e poco appariscenti, forse per il profumo che amava ritrovare nei suoi piatti o forse per  il fatto che rispondesse meglio di altre alle sue cure, chissà. Quando non c'era nessuno intorno, le parlava sottovoce arrivando persino ad accennare una carezza.
"Mi puoi chiamare Finn" aggiunse l'omino messo a disagio dal suo silenzio.
Amalia si costrinse, almeno provvisoriamente,  ad accettare l'immagine come reale e si prese il tempo di osservarla. La creatura indossava una redingote nelle sfumature del verde le cui code sfioravano il terreno. Il tessuto sembrava un qualche tipo di panno sfilacciato agli orli. Sul bavero dell'ampio colletto c'erano pietruzze luccicanti, un guscio di lumaca, e fiori secchi tra cui si aggirava indisturbato un ragnetto.
Sotto la redingote, un paio di leggins marroncini e un gilet da cui sbucava una camiciola violazzurra.  Ai piedi un paio di babbucce a punta in panno verde.
Non il classico nano da giardino, pensò Amalia e fu il primo pensiero lucido che si affacciò alla sua mente.
Dopo un paio di interminabili minuti di silenzio, Amalia tirò su col naso e parlò.
"Probabilmente domani, tutto questo svanirà al mio risveglio, ma nel frattempo, ti sarei grata se volessi spiegarmi. Per esempio da dove salti fuori e cos'è questa storia che piango troppo."
"Beh, come ho detto dianzi, abito nel rosmarino ovviamente. Mi occupo di lui, mi assicuro che cresca bene e sia felice e, a questo proposito, grazie del tuo aiuto. Ti vuole molto bene."
"Anch'io gli voglio bene" disse Amalia senza pensarci. E comunque domani scoprirò che ho solo sognato...quindi posso dire tutto quello che voglio.
"Lo sappiamo. Ora però tu stai piangendo troppo. Troppo dolore serpeggia tra le pietre e l'erba. Ci stiamo ammalando tutti." Mentre parlava l'omino si stropicciava le mani angosciato.
"E' molto probabile che tu sia un'allucinazione, ma visto che sembri incredibilmente reale, se vuoi che capisca mi devi spiegare qualcosa di più. Anche perché vivo qui da quarant'anni e non ti ho mai visto. Invece mi sembra di capire che ce ne sono altri come te."
"Altri? ma naturalmente! Come potrebbe essere altrimenti? Ogni creatura animale vegetale o minerale ha un suo spirito. Voi ci chiamate angeli, oppure gnomi, folletti, elfi...per altri siamo veda, ma per lo più nessuno tra voi ha un'idea chiara di chi siamo. A parte i pochi con cui ci manifestiamo naturalmente, anche se solo il Creatore conosce e governa la nostra essenza. Da Lui abbiamo ricevuto il nostro incarico, a Lui sia lode in eterno." e su quest'ultima affermazione l'esserino si mise una mano sul cuore e chiuse gli occhi per un secondo.
"Ma qui, in questo giardino" puntualizzò Amalia temendo in qualche modo la risposta "quanti sareste?"
"Solo in giardino o anche in casa?"
"Santi numi!" esclamò la donna "pure all'interno ci sono creature come te?"
"Beh ci sono le salamandre che abitano nel fuoco, ma  soprattutto c'è lo Spirito della Casa...guai se non ci fosse! Ne tiene insieme la struttura, governa i campi di forza che la avvolgono, tiene lontane le forze oscure"
"Forze oscure?!" Amalia si sentiva sempre più a disagio in quella conversazione.
"Ma sì, le forze della distruzione. Noi serviamo la Vita, mi sembra chiaro!"
"Guarda spiritello che qui di chiaro non c'è proprio niente. E poi se vogliamo dirla tutta questo nume tutelare della casa di cui parli non è riuscito a evitare la morte di mio marito!"
Finn si fece ancora più serio. "Morte e vita non appartengono alla nostra giurisdizione. Ciò è diretta competenza del Creatore, il Sempre Lodato. Lo Spirito della Casa si occupa dell'armonia della casa in generale. Da lui dipendono lo spirito del legno e della pietra." 
"E siamo già a tre coinquilini, senza contare le salamandre. Spero di non ritrovarmele sotto il letto!"
"Oh Cielo, no! le salamandre prendono vita solo nel fuoco e lì restano finché è acceso!" Rispose Finn piccato.
"Ah beh, allora..." 
L'esserino non sembrò  cogliere l'ironia e continuò: "In giardino, come puoi immaginare siamo in molti. C'è uno Spirito Verde che coordina tutti noi qui fuori. E poi naturalmente c'è lo Spirito del Pozzo che è strettamente legato allo Spirito dell'Acqua che però non appartiene stabilmente a questo luogo, come è facile intuire."
"In pratica una folla." commentò Amalia.
"E' un bene che siamo in tanti...Ci sono luoghi sulla Terra dove strisciano solo cose oscure. Ma questo, mi spiace dirlo, è colpa di molti tuoi simili."
Mentre parlavano, la donna si accorse di altre creaturine luminescenti che si avvicinavano da ogni parte del giardino. Curiosamente non aveva paura. Quella bizzarra conversazione  era la più lunga che avesse intrattenuto con qualcuno dalla morte di Pietro e comunque non aveva nessuna fretta di risvegliarsi nella sua solita vita.
I nuovi arrivati erano abbastanza simili a Finn, esili, dinoccolati alcuni più piccoli, altri più alti. Maschi e femmine, all'apparenza equamente distribuiti. Tutti abbigliati nelle sfumature cangianti del verde e del marrone, e circondati da un debole alone di luce. Qualcuno sfoggiava un copricapo ornato di piume, qualcuno un mantello che svolazzava appena nell'aria della sera. 
Si sistemarono ad una rispettosa distanza. Nel frattempo, dal pozzo emerse un'altra creatura seminuda e gocciolante con capelli d'argento e gli occhi scintillanti. Un maschio di almeno un metro di altezza, con braccia e gambe magre, ma muscolose. Sedette sull'orlo del pozzo lasciando ciondolare le gambe e le rivolse un sorriso abbagliante. Se non fosse stato ancora più surreale del resto, oltre che inappropriato, Amalia lo avrebbe considerato seduttivo. 
Nell'ombra, appoggiato al vecchio ciliegio comparve per ultima una figura avvolta in un mantello con il cappuccio sollevato da cui sfuggivano lunghi capelli.
La donna intravide un profilo e lo scintillio di occhi dorati.
Finn parve sollevato di non essere più solo e fece un inchino aggraziato nella direzione della figura ammantata "Mia Signora..."
"Signor Finn.." rispose dal cappuccio una voce dolce e antica, in qualche modo simile al frusciare del vento tra le foglie.
Amalia la vide avvicinarsi con una certa apprensione, ma decise di non muoversi dalla panca. La figura si fermò ad un metro da lei e abbassò il cappuccio rivelando un bel volto di donna di età indefinibile, ma non giovane. Senza tempo pensò Amalia incantata. 
"Tutto questo deve essere difficile da elaborare per te, Amalia"
"Difficile? Pazzesco direi."
"Ce ne rendiamo perfettamente conto, ma non avevamo scelta. Noi comprendiamo il tuo dolore. Anche noi siamo in lutto per Pietro, ma tu stai piangendo troppo."
"Il mio amore non c'è più. Il mio progetto di vita è distrutto. Certo che piango!" L'ultima affermazione fu quasi un grido.
"C'è un tempo sacro per le lacrime, occorre attraversarlo. Poi però quelle stesse lacrime vanno trasformate in luce per discernere i semi di una nuova vita. Tu ti sei addentrata in un terreno paludoso, hai permesso al verme della tristezza di stringere le sue spire non solo attorno al tuo cuore, ma attorno a tutto ciò che fa parte della tua vita...la tua casa, questo giardino...noi. Ci stiamo ammalando, Amalia, e per quanto possiamo resistere verrà il giorno in cui la tua amata pianta di rosmarino appassirà insieme al gentile signor Finn e ogni creatura qui." Lo Spirito del Giardino tese le mani "aiuta te stessa e aiutaci, per favore!".
"Come faccio?!" gridò la donna con gli occhi rigati di lacrime.
"C'è qualcosa che devi sapere" disse lo Spirito "devi seguirmi nel capanno".
Amalia pensò che non aveva nulla da perdere e dunque si alzò e la seguì in quello che una volta era stato il regno di Pietro. Lì c'erano i suoi attrezzi e un piccolo banco da falegname che aveva comprato da un robivecchi e ristrutturato con le sue mani. C'era anche un vecchio mobile da ufficio pieno di tanti cassettini con minuscole maniglie di metallo. Lei non ci aveva mai messo mano e ignorava cosa contenessero. 
Lo Spirito Verde prese una piccola chiave da un laccio di cuoio che portava al collo e la inserì nella serratura del primo cassetto in alto a sinistra. 
Amalia non riusciva nemmeno ad immaginare che suo marito potesse avere avuto necessità di un cassetto chiuso a chiave...si dicevano sempre tutto.
Con lo stomaco rattrappito vide lo Spirito estrarre un grosso quaderno con la copertina in cuoio su cui era impressa una foglia. Glielo mise tra le mani.
"Sarà meglio che tu ti sieda" aggiunse.
Amalia sedette e aprì il quaderno con mani tremanti. Era pieno zeppo di disegni, all'inizio un po' incerti, poi sempre più sicuri, ricchi di particolari e colorati. C'era Finn con un rametto di rosmarino tra i capelli, lo Spirito del Pozzo con il suo sorriso seducente e decine e decine di spiritelli colti in vari atteggiamenti e che sembravano proprio essersi messi in posa per lui. 
C'era il profilo affilato dello Spirito Verde addolcito dai lunghi capelli,  e poi il ritratto di uno Spirito più basso e massiccio, con un nodoso bastone nella destra, che Amalia immaginò potesse essere il Custode della casa. C'erano pure le salamandre che ridevano nel fuoco!
Pietro aveva avuto un segreto. Amalia se ne sentì ferita profondamente.
"Perché non me lo ha detto?" una domanda che era quasi una supplica.
"Gli avresti creduto?" chiese lo Spirito di rimando.
"Certo!....Forse. Non so. Probabilmente no" riconobbe Amalia.
"Ci mostriamo raramente agli umani. Pietro ci ha visti perché il suo cuore di bambino lo voleva con tutte le forze. Perché era attento e curioso. Solo chi è aperto all'invisibile può vederci. Avrebbe voluto parlartene, ma temeva di perderti ed era un rischio che non voleva correre. D'altro canto, noi non potevamo mostrarci a te perché eri troppo chiusa in una interpretazione, diciamo,  basica dell'esistenza. Lui ti amava moltissimo, Amalia. Avrebbe voluto farti partecipe della sua scoperta, ma non al prezzo di perdere la tua stima."
Amalia riprese a sfogliare le ultime pagine con lo sguardo perso. Pietro, il suo amato ed ingenuo impiegato del catasto, marito affidabile e sereno,  aveva coltivato un mondo fantastico, ma aveva temuto, con ragione, di rivelarglielo.
Poi la sua attenzione fu catturata da un ultimo ritratto color seppia. Era lei! Il suo stesso volto fermato in un sorriso luminoso. Al di sotto  una frase: Amalia, amore mio, abbi cura di loro. C'è tanto che puoi fare!
In fondo a destra una data. La sera di quello stesso giorno Pietro si era accasciato sulla panca di pietra e non si era più svegliato. Manco se lo sentisse.
Amalia chiuse  il quaderno e gli avvolse con cura il laccio attorno. Rimase a fissarlo finché una mano minuscola e nodosa si posò sulle sue. Era Finn. Lo guardò e chissà come ritrovò un sorriso.
"Che succede domattina? chiese Amalia "sparite tutti dalla mia vita e chi s'è visto s'è visto?"
"Non necessariamente" rispose lo Spirito Verde ammiccando "in realtà, dipende solo da te".

Due mesi dopo Amalia beveva un tè in giardino insieme a Clara, sua figlia. Ai loro piedi il piccolo Luca faceva viaggiare un  trattore giocattolo in mezzo all'erba.
"Allora, mamma, come stai?"
"Benissimo! E' bello averti qui, ma hai fatto così tanta strada e scommetto che hai dovuto prendere ferie per essere qui in questo periodo dell'anno.Ti aspettavo a giugno in effetti. E' successo qualcosa con Marco? dimmi la verità."
"Ma no, mamma, tranquilla tutto bene. E' solo che ero in pena per te, volevo essere sicura che..."
"Ho capito." Amalia sospirò e appoggiò la tazzina prima di continuare. "Ti ha telefonato la vicina. Cosa ti ha detto esattamente?!"
"Ma non so, dice che ti sente parlare da sola, che canti a tutte le ore, che ti porti in casa bestiole di ogni genere per curarle, c'è altro?"
"Non saprei...che ho cominciato a disegnare? non mi sembra un crimine...beh forse lo è, non sono brava, ma mi diverte. Scrivo poesie in rima. Quelle mi vengono meglio. E sì...canto, ma non a tutte le ore. Ed è vero che parlo da sola. Più o meno."
"In che senso più o meno?"
"In nessun senso, dicevo per dire." Amalia allungò una mano per accarezzarle il viso. "Non devi preoccuparti, figlia mia."
"Non devo? Sei sicura?
"Non sono pazza, né sciroccata. Sono semplicemente felice. Di ciò che ho avuto. Di ciò che ho."
"Non ti senti sola, mamma?"
"Lo ero all'inizio. Ora non più. Ho tante cose da fare e tanti amici, tra cui però non c'è la vicina di casa."
"Allora posso andarmene tranquilla? Lo sai che se hai bisogno puoi contare su di me, vero? Lo sai che ti voglio bene!"
"Anch'io ti voglio bene, tesoro mio! Non preoccuparti per nulla."
Si strinsero in un lungo abbraccio.
"Forza Luca, dobbiamo andare. Saluta la nonna che voglio rientrare prima che faccia buio."
Il bambino abbracciò la nonna con affetto e trotterellò dietro alla mamma che stava raggiungendo l'auto. Improvvisamente si fermò, colpito da un pensiero, si girò nuovamente verso la nonna e gridò: "Salutami Finn! Digli che torno presto!".

Foto di Werner Weisser da Pixabay






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