Un racconto che non fa una grinza

Ramiro non amava le pieghe.
Le pieghe dei vestiti, delle coperte, delle lenzuola, dei tovaglioli e delle tovaglie. Non amava nemmeno la carta piegata o stropicciata, perciò aeroplanini ed origami lo infastidivano oltre misura.
Detestava indagare le pieghe di una situazione, di un discorso, di un ragionamento per quanto acuto, come pure esplorare i meandri di un luogo fisico o metaforico. 

Amava piuttosto le superfici lisce, soprattutto vetrose, le autostrade dall’asfalto ben compattato, le pareti lucidate a specchio di certi edifici avvenieristici, i ragionamenti lineari. La natura lo inquietava con il suo continuo incresparsi per generare vita, riusciva ad osservarla solo dal suo schermo piatto e con un malcelato senso di sconcerto.
Gli piacevano le donne giovani, dalle carni sode, che sostituiva quando ne scopriva un’incrinatura sul volto. Intorno ai quarant'anni si era alla fine convinto a sposarne una, più in ossequio ad una normalità lineare che per passione.
Lei, Amalia, dopo anni impiegati nella vana ricerca del principe azzurro, aveva accolto Ramiro come opportunità di una sistemazione dignitosa e reciprocamente vantaggiosa. Inoltre amava stirare, cosa che le era parsa collimare con l’ossessione del marito per le superfici lisce. Lo aveva considerato una specie di segno che il loro sodalizio avrebbe potuto funzionare anche in assenza di un grande amore.
Purtroppo, dopo un solo anno di convivenza, tale rosea previsione aveva già cominciato a dimostrarsi fallace.

Ramiro non era mai contento del frutto delle sue fatiche al tavolo da stiro e non le risparmiava critiche crudeli, talvolta persino sovraintendendo al suo lavoro. Alla lunga, Amalia aveva cominciato a perdere fiducia nelle sue capacità, i risultati erano peggiorati e un malessere senza nome si era fatto strada nel suo cuore.
Con l’approssimarsi della fine del secondo anno, le crepe nel loro rapporto erano diventate insanabili, finché un giorno Amalia se n’era andata con un venditore ambulante di chincaglieria, uomo con un concetto approssimativo dell’igiene e dell’ordine personale, ma capace di sanguigna passione.
Prima di andarsene la donna aveva stropicciato con serena determinazione, cuscini, divani e qualsivoglia oggetto tessile o cartaceo le capitasse a tiro. Infine aveva seraficamente lasciato cadere il ferro da stiro ipertecnologico sul cristallo del tavolo da pranzo e osservato compiaciuta il risultato prima di varcare per l’ultima volta la soglia dell’abitazione del marito.

Ramiro aveva reagito alla devastazione senza scomporsi, come era prevedibile.
Aveva chiesto e ottenuto una settimana di ferie che aveva impiegato a ristabilire l’ordine nel suo appartamento.

Una domenica, qualche giorno dopo la conclusione delle sue fatiche, Ramiro uscì sul suo terrazzo all'ottavo piano per ammirare le tende da sole appena installate e belle tese sotto il sole di aprile.
Improvvisamente una folata di vento fece ondeggiare la balza della tenda, evidentemente non fissata bene, che si ripiegò sulla parte superiore. Infastidito, Ramiro si sporse in fuori per afferrarla e sistemarla una volta per tutte. Era molto in alto, perciò decise di salire su uno sgabello e sporgersi ancora un po’ per afferrarla.
Proprio in quel preciso momento, la legge di gravità decise di prevalere su ogni esigenza di perfezione e Ramiro precipitò scompostamente nel vuoto. L’urto contro la ringhiera del sesto piano, abitato dal notaio Bindelli, impresse al suo corpo una bizzarra piroetta alla fine della quale l’uomo si spiaccicò, senza un minimo di grazia, sulla via sottostante che era in corso di manutenzione.

Pochi secondi dopo, il conduttore della macchina per compattare il catrame, con in cuffia un pezzo dei Metallica e gli occhi fissi su un video di gattini, mise finalmente in moto il suo veicolo e passò serenamente sopra il corpo di Ramiro dandogli del tutto involontariamente l’aspetto di un adesivo raccapricciante, ma a suo modo artistico e, soprattutto, senza una grinza. 

Se solo Ramiro avesse potuto vederlo, quanto ne sarebbe stato compiaciuto!

da Pixabay




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